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Al Festival della Scienza di Sofia

Riccardo Impavido per scienceground.it.

Nel mese di maggio scorso sono stato invitato al Festival della Scienza di Sofia, Bulgaria, ospite dell’Istituto Italiano di Cultura [NdR qui il link al talk di Riccardo, The science we are certain about]. La 4 giorni, organizzata dal governo bulgaro e dal British Council, si è svolta in una delle sale congressi dell’High Tech Park, nella periferia di Sofia, tra fontane, alberi, palazzi di vetro per uffici, centri commerciali, palazzi in costruzione e altri palazzi la cui costruzione è stata abbandonata da qualche anno.

La giornata tipica di eventi cominciava presto, nel cortile esterno, con dimostrazioni di chimica, prevalentemente composti che esplodevano o cambiavano colore, davanti a una platea di bambini e famiglie altrettanto colorate ed esplosive, per poi proseguire con laboratori permanenti, stampanti 3d, robot, fluidi non newtoniani e altri classici dei festival della scienza. Dal pomeriggio in avanti, nelle tre sale adiacenti e nel caso riunibili, ciascuna di discreta capienza, si tenevano discorsi di divulgazione per tutti i gusti e (quasi) tutte le età, con particolare attenzione ai buchi neri, le stelle (nere) del momento. A conclusione del Festival si è tenuta, «a camere unite», dunque davanti ad oltre 500 persone, la finale di FameLab Bulgaria, che ha incoronato Dimitrii, un idrobiologo. A vera conclusione del Festival, gli addetti ai lavori si sono goduti un brindisi.

Le lingue che circolavano erano in prevalenza bulgaro ed inglese, ma la cosa che stupiva era l’onnipresenza di traduttori: ogni talk era tradotto (simultaneamente!) dalla lingua originale al bulgaro, o da questo all’inglese nel caso chi parlasse fosse bulgaro. La familiarità dei significanti (la lingua inglese) era addirittura seconda alla familiarità dei significati: le opinioni sul valore sociale della scienza nella democrazia che ho sentito da bulgari, inglesi, ungheresi, erano similissime a quelle già sentite l’anno scorso a Scienceground. è pur vero che si tende ad infilarsi nella nicchia sociale di persone con medesimi interessi ed opinioni, ma la sensazione che un certo sentire comune ci sia, e soprattutto possa affermarsi in un futuro non troppo lontano, quando quegli stessi bulgari, inglesi, ungheresi ed italiani non avranno più vent’anni, è forte.

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