Friche, termine connotato negativamente.
Si dice: “tomber en friche” (cadere in abbandono)
Contraddizione: luogo di vita estrema.
Via di accesso al climax.
Una friche è un terreno non coltivato, o che ha cessato temporaneamente di esserlo. Terreni di questo tipo si coprono di erbe indigene, erica cinerea e brugo, ginestroni, rovi, ginestre ecc.
[…] Sull’etimologia della parola friche i pareri sono discordi: “Dal tardo latino friscum, che Grimm riconduce a fractitium, campo che è stato lavorato per la prima volta, da fractus, spezzato. Maury ha proposto il gaelicoc frith, frithe, terra di friche” (Larousse, 1872). Secondo il Petit Robert (1983): “s.f.; 1251, variante dell’antico francese e dialettale frèche; medio olandese versh fresco”.
Quasi sempre, il termine friche si applica a un terreno che ha cessato di essere lavorato o che potrebbe esserlo. Non ci si serve di questo termine per indicare i pendii selvatici, i prati scoscesi di alta montagna, gli ambienti retrodunai ricoperti da cardi azzurri o qualunque altro ambiente cosiddetto “naturale”. No, la friche esclude al tempo stesso la natura e l’agricoltura, lascia intendere che si potrebbe fare di meglio.
Magari si potrebbe fare un giardino.
Fonte: Gilles Clément, Il giardino in movimento, Quodlibet (1984)